Federico Chiesa rappresenta il futuro del calcio italiano. Il giovane campione si è raccontato al Corriere dello Sport, a partire dal suo momento con la Fiorentina fino agli altri giovani calciatori pronti a prendersi i riflettori della Serie A.
“Appena mio padre mi ha dato un pallone in mano l’ho subito colpi con i piedi, questione di DNA. A casa mia si respirava calcio, a cinque anni ho cominciato a giocare, fino ad arrivare alla Serie A. Ad essere sincero però essere figlio d’arte non mi ha mai veramente interessato. Non l’ho sentito né come un privilegio, né come un peso. Non è che ti fanno a giocare a calcio per questo, devi essere forte: questo è uno di quegli ambienti in cui alla fine le raccomandazioni non ci possono essere”.
“Nell’Under 21 ho visto giocatori pronti ad avere un ruolo importante per il futuro: Barella, Locatelli, Cutrone, Romagna hanno fisico e tecnica e le potenzialità per diventare campioni”.
“Sono rivali molto forti, il Napoli gioca bene e la Juve vince da sei anni, si deciderà tutto nelle ultime partite. Al momento sembra uno scontro alla pari”.
“Non ho mai tifato per una squadra, però mi appassionava il Milan dei campioni, quello di Kakà e Shevchenko”.
“L’allenatore più importante per me sarà sempre Sousa, perché è quello che mi ha dato fiducia, fatto esordire in Serie A e formarmi come calciatore”.
“Sané mi piace molto, gioca nel City con altri grandi campioni come De Bruyne. Mi piace come interpreta il ruolo, lui come altri esterni, però tengo lui come riferimento perché abbiamo un anno di differenza ed è bello vedere un ragazzo della mia età che gioca così bene in una squadra che punta a vincere tutto”.
“Penso solo ad allenarmi, non al futuro. Il mio unico pensiero è la partita della domenica, sul calendario della mia squadra. Il resto poi verrà”.